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Un Tesoro di Lezione: “La Parabola della Ricchezza”

01/02/2016
Enzo Volpi
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La parabola della ricchezza

“Si narra che un grande faraone egizio, al colmo della sua ricchezza, convocò i suoi due giovani nipoti, Chuma e Azur, e affidò loro un compito grandioso: costruire due piramidi monumentali come tributo all’Egitto.

Il Faraone promise a entrambi che, a completamento di ciascuna piramide, li avrebbe ricompensati immediatamente donando loro il titolo di re, un pensionamento dorato e una vita sontuosa.

Stabilì però una regola fondamentale: ogni nipote avrebbe dovuto costruire la propria piramide DA SOLO.

Chuma e Azur, entrambi diciottenni, sapevano che ci sarebbero voluti anni per completare questo impegno monumentale. Nonostante ciò, usciti dalle stanze del Faraone, si sentirono onorati dal compito loro affidato e, pronti per la sfida, si apprestarono ad iniziare il lungo processo di costruzione delle piramidi.

Azur iniziò a lavorare immediatamente.

Lentamente trascinava grandi pietre a formare un quadrato.

Dopo alcuni mesi, la base della piramide di Azur prendeva forma.

La gente si raccoglieva, contemplava i suoi sforzi per rendere omaggio al suo lavoro. Le pietre erano pesanti e difficili da spostare e, dopo un anno di duro lavoro, la base quadrata della piramide era quasi finita.

base della piramide-min

Ma Azur era perplesso.

L’area che avrebbe dovuto contenere la piramide di Chuma era vuota.

Non era stata postata neppure una pietra. Nessuna fondazione. Neppure un segno sul terreno. Niente di niente.

Era brulla come un anno prima.

Confuso, Azur andò a casa di Chuma e lo trovò nel fienile intento a lavorare su una macchina complicata che ricordava uno strumento di tortura.

Azur lo interruppe dicendo:

«Che diavolo stai facendo? Dovresti costruire una piramide per il faraone e passi le tue giornate nel fienile ad armeggiare con questa macchina assurda?».

Chuma sfoderò un sorriso e disse:

«Sto costruendo una piramide, lasciami in pace».

Azur lo derise:

«Sì, certo, come no. Non hai usato una sola pietra in un anno intero!».

Chuma, occupato e incurante delle accuse di suo fratello, rispose:

«Azur, sei miope e la tua sete di ricchezza ha offuscato la tua visione. Vai avanti a costruire la tua piramide e io costruirò la mia». Andandosene, Azur lo rimproverò:

«Stupido! Il Faraone ti impiccherà quando scoprirà il tuo tradimento».

Passò un altro anno e Azur rafforzò la base della sua piramide iniziando il secondo livello. Ma sorse un problema.

Azur faceva fatica a progredire. Le pietre erano pesanti e non riusciva a sollevarle fino al secondo livello.

Messo in difficoltà dai suoi stessi limiti fisici, Azur pensò che aveva bisogno di diventare più forte e, per farlo, chiese consiglio a Bennu, l’uomo più forte d’Egitto.

A fronte di un compenso, Bennu allenava Azur perché sviluppasse muscoli più forti. Azur immaginava che le pietre più pesanti sarebbero state facilmente sollevabili ai livelli successivi una volta acquistata una forza maggiore.

Nel frattempo, l’appezzamento destinato alla piramide di Chuma era ancora deserto.

Azur iniziò a credere che suo fratello volesse morire, perché sembrava aver violato il mandato del Faraone.

Passò un altro anno e la costruzione della piramide di Azur rallentava in modo sconfortante. Spesso impiegava un mese solo per piazzare una pietra.

Spostare le pietre ai livelli superiori richiedeva un grande sforzo e Azur passava molto tempo a lavorare con Bennu per ottenere una forma fisica sempre migliore. Inoltre, Azur spendeva quasi tutti i suoi soldi per la consulenza e per la dieta inusuale richiesta dall’allenamento di Bennu.

Azur riteneva che, con la velocità attuale, la piramide sarebbe stata completata in 30 anni.

Imperterrito, Azur proclamava:

Dopo tre anni ho sorpassato mio fratello. Lui non ha neppure ancora posato una pietra! Che stupido!

Poi successe qualcosa di inaspettato

Un giorno mentre sollevava una pesante pietra lungo il fianco della piramide, Azur sentì un forte trambusto provenire dalla città. La gente del posto, abituali osservatori del suo lavoro, sciamavano via rapidamente per andare a vedere quello che stesse succedendo.

Incuriosito, Azur fece una pausa e andò ad investigare.

Circondato da una folla festante, Chuma avanzava nella piazza guidando un macchinario alto 7 metri, un congegno imponente costruito con un intreccio di sostegni, ruote, leve e corde. Mentre Chuma si muoveva lentamente per le strade del villaggio in mezzo alla folla giubilante, Azur aveva paura di scoprire a cosa servisse il marchingegno.

parabola della ricchezza
Dopo un breve viaggio fino alla destinata alla piramide di Chuma, i timori di Azur vennero confermati.

Entro pochi minuti, la strana macchina di Chuma iniziò a spostare pesanti pietre per creare le fondamenta della piramide.

Una dopo l’altra, la macchina sollevava senza sforzo le pietre e le appoggiava delicatamente una di fianco all’altra. Miracolosamente, la macchina richiedeva solo un piccolo sforzo da parte di Chuma.

Girare la manovella attaccare una corda a una trave, collegare un meccanismo e…bingo!

Le pietre pesanti venivano spostate rapidamente e magicamente. Mentre la fondazione della piramide di Azur avevano richiesto oltre un anno, Chuma aveva creato le fondamenta della sua piramide di una sola settimana.
Il secondo livello che Azur aveva così faticosamente lottato per realizzare era ancora più scioccante.

La macchina di Chuma faceva il lavoro 30 volte più in fretta.

Ciò che Azur aveva fatto in due mesi, la macchina di Chuma lo faceva in due giorni. Dopo 40 giorni, Chuma e la sua macchina completarono quanto Azur aveva realizzato in tre anni di duro lavoro.

Azur era distrutto.

Aveva passato anni a spostare pesi tremendi, mentre Chuma costruiva una macchina che lo facesse per lui.

Invece di riconoscere il ruolo della macchina, Azur prometteva a se stesso:

“Devo diventare più forte! Devo sollevare pietre più pesanti!”.

Azur proseguì il duro lavoro di costruzione della piramide mentre Chuma continuava a girare la manovella dalla sua macchina e si avvicinava sempre più alla ricchezza promessa dal faraone.
Dopo otto anni, a 26 anni di età, Chuma finì la sua piramide: tre anni per costruire il sistema è cinque anni per mieterne i frutti.

Il grande faraone fu compiaciuto e mantenne la promessa.

Ricompensò Chuma con la reggenza e lo ricoprì di grandi ricchezze. Chuma non dovette più lavorare un solo giorno della sua vita.

ricchezzaNel frattempo, Azur continuava a faticare ripetendo la stessa trafila. Sollevava le rocce, perdendo tempo e denaro, e si allontanava sempre più dalla ricchezza agognata.

Azur si rifiutava di ammettere che la sua strategia NON funzionasse ma continuava a portare avanti lo stesso vecchio processo.

Il suo metodo costringeva Azur ad una vita di fatica.

La conclusione?

Amur non finì mai la piramide promessa al faraone, per il semplice motivo che aveva deciso di sollevare da solo i pesi invece di concentrarsi su un sistema che lo facesse per lui.
Azur ebbe un attacco di cuore e morì durante la creazione del 12º livello della sua piramide, a soli due livelli dalla fine.

Cuna, invece, andò in pensione a 40 anni circondato dal lusso. Con tanto tempo libero a disposizione, Chuma diventò il maggiore studioso egiziano e un inventore di successo. Venne sepolto a fianco del faraone, nella stessa piramide che aveva costruito in gioventù.”

(Tratta da  “The Millionaire Fastlane” – MJ De Marco)

La parabola della ricchezza: la morale

La via più veloce per la ricchezza è un processo di business.

Il cieco lavoro non produce risultati se non è accompagnato da una strategia precisa d’azione.

Nel marketing vale la stessa cosa.

Se vuoi competere sul mercato devi agire secondo strategie di marketing precise e accurate. Queste ti permettono infatti di convogliare tutte le tue idee e le tue energie nel modo giusto per raggiungere gli obiettivi che ti sei fissato.

 

Buon lavoro.
Enzo

firma enzo nera

About the author

Marketer, autore e formatore. Aiuto imprenditori e manager a comunicare la propria idea di futuro e della brand identity aziendale attraverso gli strumenti contemporanei più adeguati allo scopo.

Enzo Volpi
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