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Portiamo un po’ di scienza nel marketing

30/10/2023
Enzo Volpi
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Byron Sharp è professore di Marketing Science alla University of South Australia e direttore dell’Ehrenberg-Bass Institute.

Nel suo libro "How Brands Grow" ci racconta come la maggior parte dei marketer basa le proprie strategie su idee accettate, ma che non hanno riscontri reali in grado di dimostrarne l’efficacia.

Come un architetto, che è sostanzialmente un creativo, deve conoscere le basi della tecnica delle costruzioni affinché un immobile stia in piedi, anche un marketer deve prima di tutto essere consapevole che il marketing, come qualsiasi altra scienza, si basa su pattern (modelli) che si ripetono e proprio in virtù di questo fatto i risultati delle strategie messe in atto sono (e devono essere) prevedibili.

Ecco alcuni pattern individuati nella ricerca.

 

Ridimensionare il concetto di fedeltà del cliente

Varie tipologie di test effettuati per comprendere se i consumatori preferissero la Coca Cola alla Pepsi hanno dimostrato che la scelta non viene fatta in base a una particolare percezione del gusto (e una conseguente preferenza), ma è piuttosto condizionata dall’etichetta posta sulla confezione. Questo a dimostrazione che non c’è una reale motivazione che spinga un consumatore a scegliere una marca piuttosto che un’altra.

La gente è indaffarata, di corsa, volubile, risponde agli stimoli a seconda dell’umore e alla fine l’amore per un brand è piuttosto una bella storia che una verità provata.

Aumentare la propria base clienti invece di concentrarsi solo sui clienti già esistenti

Il modello di acquisto della clientela è direttamente dipendente dalle dimensioni dell’azienda e dalle sue quote di mercato, per cui la direzione in cui deve muoversi il marketing è quella di aumentare i clienti e non cercare di fidelizzare quelli già esistenti.

Le aziende piccole hanno per loro natura un tasso di fedeltà leggermente inferiore e dunque un numero maggiore di defezioni (persone che non acquisteranno più), ma è importante tener presente che un’azienda non può avere nessun tipo di controllo (a prescindere dalle dimensioni) su queste defezioni.

I clienti occasionali sono una fetta importante di mercato

I marketer si basano sulla legge di Pareto, secondo cui il 20% dei clienti di un’azienda (clienti abituali) determinano l’80% degli acquisti. Quando parliamo di vendite però la proporzione non è esattamente quella di Pareto, è piuttosto 60 a 20, vale a dire che poco più della metà degli acquisti vengono effettuati dai clienti abituali, il resto delle vendite riguarda i consumatori occasionali.

Quindi generalizzando, ma basandoci su analisi e dati reali, possiamo dire che la maggior parte dei clienti di un brand sono clienti molto occasionali, che acquistano raramente, perché magari non sono particolarmente interessati al settore e comunque cambiano spesso marca. Di conseguenza, quando si progetta il proprio piano di marketing, è importante rivolgersi in particolare a questa tipologia di clienti per due motivi fondamentali: sono tantissimi e possono facilmente dimenticarsi di noi se non ricordiamo loro della nostra esistenza.

Sfatare il mito della segmentazione della clientela e cercare di vendere a tutti

Considerato il fatto che la fedeltà dei clienti è un falso mito, ma è piuttosto un fattore numerico che dipende direttamente dalla grandezza di un’azienda, la cosa migliore è cercare di vendere a tutti e non a determinati segmenti di clientela.

Le aziende che crescono sono quelle con una vasta base clienti, che si rivolgono a più gente possibile. Quindi quando si pensa ad una strategia di marketing, è controproducente limitare il proprio target.

I brand di successo hanno un fascino universale e il marketing di massa funziona bene quando è studiato in modo tale che con un solo messaggio riusciamo a raggiungere più categorie diversificate di clienti.

L’importante non è differenziarsi dagli altri brand ma sapersi far notare tra la moltitudine

Una cosa importante da comprendere è che la maggior parte degli acquisti non vengono fatti su base razionale, ma per una sorta di istinto che ci spinge a comprare. Compriamo qualcosa senza realmente sapere se e perché quel determinato prodotto sia meglio di un altro, non ponderiamo davvero le differenze tra le varie opzioni che ci vengono offerte.

Il concetto di differenziazione a tutti i costi è ormai diventato obsoleto, è opportuno sostituirlo con l’idea che dobbiamo distinguerci tra la moltitudine, come brand, ma è fatica sprecata cercare di differenziare il nostro prodotto, puntare sulla sua unicità o perfezione. Dobbiamo farci notare, questo sì, fare in modo che sia facile per la gente ricordarsi di noi. Dobbiamo scegliere con cura logo, slogan,
colori, musiche: i nostri strumenti di marketing devono essere semplici, coerenti e facili da ricordare.

Il vero ruolo della pubblicità: ricordare alla gente che esistiamo

La pubblicità nei nostri tempi si è ridotta a una continua battaglia per catturare l'attenzione dei clienti, cosa del tutto naturale, vista la moltitudine di media, prodotti e aziende esistenti.

Chi fa pubblicità ha l’ingrato compito di fare in modo che il proprio brand venga notato e possa distinguersi dai numerosi altri marchi concorrenti. I consumatori sono distratti, indaffarati, non hanno tempo e voglia di far fatica quando comprano: tutti elementi da tenere in considerazione quando si tratta di attirare l’attenzione della gente.

Per questo è importante essere coerenti, per essere ricordati meglio ed evitare di confondere i clienti, perché è molto facile che un marchio venga dimenticato.

 

Portiamo un po’ di scienza nel marketing, fidandosi di chi la scienza la fa di mestiere, è faticoso. È più facile seguire le suggestioni del mago di turno, del custode della formula segreta e le ricette facili del super esperto “che lo sa solo lui”.
Campanelli e sonaglietti affascinanti, ma che alla fine, con buona pace di tutti, non portano lontano. La ricetta, nonostante la tecnologia, rimane la stessa: competenza, seguire un piano, una buona esecuzione, noiosa costante applicazione e ancor più noiosa ripetizione.

In una parola lavoro.

”Un marchio occupa uno spazio infinitesimale nella vita di una persona; la gente è talmente impegnata e bombardata di offerte che un’azienda deve continuamente ricordare al mondo della propria esistenza”.

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About the author

Marketer, autore e formatore. Aiuto imprenditori e manager a comunicare la propria idea di futuro e della brand identity aziendale attraverso gli strumenti contemporanei più adeguati allo scopo.

Enzo Volpi
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