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Font: imparare a comunicare ancor prima di comunicare

23/02/2018
Claudia Prosperi
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È inutile girarci intorno,
sappiamo tutti qual è il dubbio che più ci attanaglia quando parliamo di font

IL font o LA font? È un nome maschile o femminile?

Non provate a chiederlo ai grafici, il pericolo di scatenare infinite discussioni sulla corretta declinazione del termine è davvero dietro l’angolo!

Interrogata sull’ibrida questione, l’Accademia della Crusca ha spiegato poco tempo fa che il termine deriva dal sostantivo inglese font, “fenditura”, a sua volta nato dal francese medievale fonte, “fusione”.
In italiano, suggeriscono gli studiosi, dovremmo allora fare una distinzione tra i due termini, laddove il primo dovrebbe rappresentare un insieme di caratteri della medesima famiglia, mentre il secondo un unico carattere preso singolarmente.

In generale, comunque, la prassi (e la soluzione per mettere d’accordo un po’ tutti, aggiungiamo noi!) sembra essere più quella della declinazione maschile per il lessico informatico e quella femminile per la terminologia tipografica.

Una volta stabilito il genere, entriamo nel dettaglio dell’argomento.

Per definizione, il concetto di font fa riferimento a tutti quei caratteri che sono sviluppati secondo lo stesso tipo di design.
Se esistono diverse varianti di un certo tipo di carattere, che per esempio si differenziano per quanto riguarda lo spessore del tratto o la spaziatura, allora li si definisce come una famiglia di font (un esempio? I caratteri Segoe UI, Segoe Light e Segoe Semibold).

Bene, perché parliamo di questo in un blog di comunicazione?
Perché c’è un aspetto importante da sottolineare:

Il font comunica, che voi lo vogliate o no!

 

Divertenti, formali, appariscenti, eleganti… ogni font parla una propria lingua e, indovinate un po’?
Dovrebbe essere la stessa del vostro messaggio!
Scegliere un font senza cognizione o solo per una preferenza personale, che prescinde dal resto, confonderà il lettore, il quale non capirà quale interpretazione dare alle parole che si trova davanti.

Questo concetto può esserti più chiaro se ti svelo una curiosità…
…in inglese esistono due termini, legibility e readability, entrambi tradotti nella nostra lingua con la parola “leggibilità”. In realtà, però, sottendono due concetti lievemente diversi.

La leggibilità è capacità del lettore di distinguere correttamente lettere, parole e frasi.
Si tratta di un aspetto legato al processo visivo, alla capacità dell’occhio di leggere un testo senza particolari difficoltà.
La readability, invece, è correlata alla capacità del cervello di interpretare correttamente il messaggio che lettere, parole e frasi che intendono trasmettere. Questo livello riguarda l’area cognitiva.
Il mio consiglio, oggi, è quello di non soffermarti ad una sola delle interpretazioni della leggibilità, coglila invece a 360°, pensando sia al lavoro dell’occhio che a quello del cervello!

“Gli altri ragazzini giocavano con i Lego, io preferivo il Futura e il Gill Sans”
Erik Spiekermann

Conclusioni 

Come sa (o dovrebbe sapere) chiunque lavora non solo in questo ambito ma, a maggior ragione, in qualsiasi area in cui si è a contatto con le persone, non si comunica solo dicendo qualcosa, ma anche dicendo qualcosa in un modo piuttosto che in un altro.
Prima ancora di leggere una frase, le persone si fanno un’idea generale del tono con cui quelle parole sono state scritea, un’idea dell’intenzione del messaggio; e per farlo analizzano alcune variabili.
Il font nient’altro è se non una di queste variabili.

Impara allora a focalizzare la tua attenzione non solo sul COSA, ma anche sul COME scegli di condividere il tuo messaggio.

 

Esistono font formali, giocosi, eleganti, buffi ed ognuno di essi dovrebbe essere scelto ed utilizzato per aiutare il lettore nell’interpretazione di ciò che legge. Se il messaggio urla, il font deve urlare. Se il messaggio è di protesta, allora anche il font deve esserlo. Se parli d’amore, il tuo font sarà esteticamente bello e così via.
In poche parole, il font deve coincidere col messaggio che veicola.

Claudia Prosperi
Social Media Manager

Clevermarketing

About the author

Il mio lavoro ideale è quello in cui bisogna pensare al "modo migliore per dire qualcosa a qualcuno", analizzando che cosa è quel qualcosa e chi è quel qualcuno. Vivo per viaggiare, con la mente ad ogni ora del giorno, con il trolley appena mi è possibile.

Claudia Prosperi
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